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La contrattazione prima della legge

 

Come già ricordato   in precedenza, sin dalla sua nascita la Cisl ha sempre proclamato come la via maestra per regolamentare il rapporto di lavoro sia il contratto e non la legge e quindi le parti titolate a discuterne siano le parti sociali (sindacati dei lavoratori e associazioni degli imprenditori) e non le sedi istituzionali, quali il Governo ed il Parlamento. Pur riconoscendo piena legittimità a queste sedi democratiche di legiferare e comunque di assumere provvedimenti in materia di lavoro, la Cisl ha sempre guardato con sospetto questi interventi e spesso nel corso della storia di questi decenni li ha denunciati come indebite lesioni dell’autonomia delle parti sociali in un campo di loro pertinenza.

wpe23.jpg (18711 byte)Ciò avvenne anche nel maggio del 1966 in occasione del dibattito parlamentare che portò alla votazione della legge 604, che introduceva una nuova normativa nel caso dei licenziamenti individuali ed in particolare la giusta causa, a tutela dei lavoratori contro i licenziamenti per rappresaglia antisindacale.

In questo caso l’opposizione della Cisl al provvedimento era motivata dalla stipula l’anno precedente di un accordo interconfederale sulla stessa materia, che istituiva un collegio sindacale di conciliazione e di arbitrato per la discussione di tutti i contenziosi in materia di licenziamenti individuali, mantenendo quindi all’interno di una procedura sindacale la gestione della problematica regolata dall’accordo.

La Cisl dichiarò di non opporsi ad una legge che emendava il codice civile là dove non prevedeva la giusta causa in materia di licenziamento individuale, ciò infatti avrebbe rafforzato l’esigibilità dell’accordo interconfederale e delle procedure in esso contenute.

La contrarietà nasceva invece dall’introduzione nella legge di procedure alternative per la risoluzione dei contenziosi, affidate ovviamente all’amministrazione giudiziaria. Così facendo la gestione del contenzioso si spostava dalla sede sindacale a quella giudiziaria; l’organismo dirimente non era più il collegio sindacale, ma il pretore o il giudice del lavoro.

In ciò la Cisl vedeva non solo una lesione dell’autonomia sindacale, ma anche un attacco alla sua rappresentatività e quindi, in ultima analisi, un indebolimento del potere sindacale.

Non a caso l’introduzione dell’opuscolo, di cui è riportata la copertina e che contiene gli interventi dei 16 "deputati-sindacalisti" della Cisl nel dibattito parlamentare, si conclude con queste parole:

"Ma i quesiti che oggi, a legge approvata, ci si devono porre per comprendere l’atteggiamento dei deputati sindacalisti, sono: il sindacato esce rafforzato dall’approvazione di una legge che affida ad altri poteri – la magistratura – materie di sua stretta competenza? E i lavoratori, sono realmente più tutelati dalla legge per quel sommo loro bene che è il posto di lavoro? Il tempo certamente fornirà le più ampie risposte. Ed è perché la Cisl guardava al futuro che ha assunto quell’atteggiamento." L’atteggiamento cioè di chiedere ai suoi deputati di astenersi in una votazione parlamentare, in cui i voti favorevoli furono 422 su 454 votanti e quindi compresero anche il voto della destra liberale ed il cui sostegno fuori dal parlamento non fu assicurato solo da Cgil e Uil, ma anche dalle Acli, l’organizzazione da sempre vicina al sindacato democratico.


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