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     La politica delle riforme.

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Nel 1956 la politica contrattuale della CISL viene integrata con la proposta del "risparmio contrattuale", e cioè dalla proposta di un accantonamento volontario e contrattuale di parte degli aumenti salariali ottenuti in fondi gestiti autonomamente dai sindacati e finalizzati a finanziare gli investimenti e lo sviluppo.

Tale proposta però oltre ad incontrare la netta contrarietà della CGIL e delle associazioni imprenditoriali dell’epoca, trova difficoltà di adesione anche in alcune categorie della CISL e quindi non avrà seguito.

Frattanto la maggior forza dei sindacati di categoria della Cisl, soprattutto nell’industria ed in particolare nel settore metalmeccanico, accentua la concezione originaria di un sindacato autonomo dalla politica ed in particolare dai partiti.

Per la prima volta questo indirizzo si traduce in una richiesta precisa: rendere incompatibili tutte le cariche politiche con quelle sindacali.

Il dibattito interno all’organizzazione si intreccia con le nuove iniziative sindacali.

A Milano, nel 1964, ha luogo il primo sciopero generale contro il caro-affitti e per la riforma della casa, mentre nella primavera del 1968 alcune CISL provinciali e la FIM scioperano insieme alla CGIL contro un accordo insoddisfacente sulle pensioni, accordo che verrà rinegoziato, tra la fine di quell’anno e l’inizio di quello successivo, con una vertenza che vede altri due scioperi generali, questa volta unitari.
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Sono i primi scioperi generali unitari a livello nazionale dalla rottura sindacale del 1948.

Sono anche i segnali forti di un impegno del sindacato su terreni sociali esterni alla fabbrica, la nascita della cosiddetta "politica delle riforme".

Intanto, nel congresso del 1969, viene sancita, con un voto a maggioranza seguito ad una forte contrapposizione interna, l’incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche.

La CISL, unica tra i sindacati confederali, rinuncia ad una rappresentanza parlamentare.


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